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E’ NATO PRIMA L’UOVO O IL TORTELLINO?

1 Marzo 2019

Dai “tortellini che camminano sul brodo” di Massimo Bottura ai tortellini take away novità dello street food luxury made in Italy

Prezioso, come uno scrigno che custodisce un tesoro antico tramandato di generazione in generazione. Perfetto, come un gioiello da sfoggiare nelle migliori occasioni e invidiato da tutti. Protetto, come una specie in via di estinzione che però si evolve, cambia, senza mai perdere il suo DNA.

Sua maestà il tortellino è piccolo e perfetto come l’ombelico di Venere – così si dice debba essere – e trova la sua epica morte annegando nel brodo. Ma la sua fine è solo causa di piacere estremo nel suo aguzzino. Un guilty pleasure senza fine, come la sua storia e la sua evoluzione, che forse salverà l’universo. Un emblema della pasta all’uovo, quella ripiena, che invita succulenta alla goduria da secoli ormai. La sfoglia gialla leggera come un velo stesa con cura dalle zdaure, uniche custodi della ricetta perfetta – quella primordiale – racchiude quel goloso ripieno oggetto di dispute e contestazioni da parte di chi vuole averlo tutto per sé o che cerca di preservarlo dal diventare una copia mal riuscita di qualcosa che è italiana fino al midollo.

La storia del tortellino è antica e risale al XII secolo, quando sono state ritrovate le primissime tracce della pasta all’uovo ripiena. Come per tante altre ricette, anche la storia del tortellino nasce da una necessità: riciclare gli avanzi. Storia poco nobile, vero, ma mai dimenticata. Per il ripieno venivano usate le parti poco nobili dei maiali macellati per i signori, che ne mangiavano la carne migliore. In altre parole, erano gli scarti rimasti, i pezzi di carne più duri e meno pregiati, che venivano cotti e tritati per mascherarne la provenienza così poco “nobile”. Alcuni testi però riportano che il ripieno iniziale non fosse composto di carne, ma di erbe (probabilmente tipiche della regione Emilia). La prima volta del Tourtlén in carta stampata risale al 1570, e alcune fonti fanno risalire la storia del tortellino, quello bolognese, al 1790 quando appare ne “L’Apicio Moderno” di Francesco Leonardi. La ricetta è diversa rispetto a quella di oggi con un ripieno composto da petto di pollo arrosto, midollo di manzo, parmigiano, burro, noce moscata, cannella e tuorlo d’uovo. Anche la forma non era quella a cui pensiamo oggi, ogivale e piccola, ma formata da due piccoli dischi rotondi di pasta sovrapposti che racchiudevano il prezioso ripieno. Erano sempre serviti in brodo, però.

Il tortellino bolognese dalla sua ha anche un “disciplinare del tortellino” depositato addirittura in Camera di Commercio il 7 dicembre 1974, che conserva la ricetta originale per il ripieno. Non c’è storia, un tortellino di Bologna deve contenere lombo di maiale, mortadella di Bologna IGP, prosciutto crudo della zona, parmigiano reggiano, uova, noce moscata. Per preservarne la qualità e l’originalità è necessario utilizzare solo ingredienti km 0 provenienti dalla sua regione di origine. Mai, infatti, confondere il tortellino con suo cugino cappelletto che racchiude al suo interno un mix di carni varie bovine e suine e che è oggetto di un’altra disputa tra Romagna e Marche.  Ma questa è un’altra storia.

DALLA TRADIZIONE NASCE L’EVOLUZIONE

Dalla storia e dai detti delle nonne ha imparato anche uno dei più grandi Chef, Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena, che è andato alla ricerca della perfezione da portare in tavola. I tortellini diventano 6 e “camminano sul brodo”. Vengono disposti in fila quasi ad attraversare un mare di brodo chiarificato fatto di cappone, decisamente denso, quasi gelatinoso. Lo scopo dello Chef è quello di far concentrare il commensale nell’assaggio di ogni tortellino, gustandolo, con la promessa di un cammino alla riscoperta del vero gusto del tortellino. Quello emiliano, ovviamente, che conserva le abitudini e le tradizioni gastronomiche ancestrali, la famosa nonna dalla quale Bottura ha imparato le basi della cucina, rubandole da bambino i tortellini crudi dalla tavola.

Ma Bottura è evoluzione, cambiamento. Per questo, con la complicità del suo sous chef giapponese Yoji Tokuyoshi, è andato alla ricerca – anzi – alla conquista dell’umami perfetto tra leggende e trucchi, dagli Appennini alle foci del Po, per creare il brodo perfetto: una contaminazione di storia e culture differenti con protagonista assoluto il tortellino. Ha carpito le leggende e le vere ricette del brodo per i tortellini: dal brodo di rane e anguille fino alla contaminazione con l’alga kombu al posto del Parmigiano Reggiano. Il risultato? Un brodo che parla lingue differenti, dialetti diversi. Praticamente un brodo che parla con tutti, o quasi, ma che arriva a tutti. Un solo elemento li unisce e li mette d’accordo: il tortellino. I tortellini di Bottura hanno ripieni differenti che nascono da tradizioni diverse, ma sempre originali: con il piccione, con la faraona, con la rana e con l’anguilla, e ovviamente quello della tradizione modenese con maiale, vitello, prosciutto, Parmigiano e mortadella.